Giustizia

a cura di  Giuseppe Marmo[1] e  Patrizia Sampietro Coen[2]

 

La giustizia è un’idea regolativa propria del libero arbitrio umano. Nella storia del pensiero essa ha avuto definizioni diverse. Tra le tante, una è degna di rilievo: “ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto”[3].

L’idea di giustizia, però, è destinata a essere incompiuta. Non solo perché essa non può compiersi totalmente nel diritto, pur ispirandolo, ma anche perché essa appartiene a una dimensione filosofica o teologica che non può essere comune a tutti. Perciò essa non è né assoluta né personale. È  frutto di relazione: se essere giusti significa riconoscere il diritto di ciascuno, allora non si può non riconoscere ad altri il diritto di  avere un’idea di giustizia diversa dalla propria.

Che cosa può compromettere l’idea di giustizia?

In primo luogo l’arrendersi al positivo. Il pensare, cioè, che ha senso solo ciò che è dato (una certa norma, un certo stato di cose), e che sia naturale così. Anche tra gli infermieri è spesso presente un senso – mal vissuto – d’ineluttabilità dello status quo. Però, non è, forse, l’obbedienza alla realtà, senza spirito critico, a essere ingiusta? Infatti, non c’è nulla di naturale in qualcosa che non funziona e la giustizia è di per sé innaturale, come tutte le creazioni dell’uomo.

In secondo luogo il prevalere della giustizia al singolare. Quante idee diverse di giustizia circolano, senza dialogare, nei pensieri degli infermieri, generando incertezza o accondiscendenza al più forte o presunzione di verità?

Il senso di giustizia dovrebbe porci come infermieri in una costante tensione critica con il mondo, laddove riteniamo che esso non vada bene così come lo abbiamo trovato e lo viviamo. Solo così è possibile trasformarlo collettivamente attraverso un’azione politica che, pur nei limiti storici e culturali, non può dimenticare il suo nesso con l’idea di giustizia.

E la politica non si riduce a fare leggi. C’è, in democrazia,  chi è stato eletto per fare ciò.

La politica è anche, e soprattutto, “fare società”,  generare aggregazione, cooperazione, dialogo, integrazione fra le parti.

E questo è appannaggio di tutti, anche degli infermieri, quando, per oltrepassare l’esistente, mettono in discussione lo stato dell’arte, sollevano domande, avanzano richieste, dibattono nelle loro comunità le idee di giustizia esistenti.

[1] Giuseppe Marmo – Coordinatore della Comunità Sperimentale di Riflessione Infermieristica (CSRI)

[2] Patrizia Sampietro Coen – Tutor pedagogico CLI AOU San Luigi Gonzaga Orbassano – – Membro della Comunità Sperimentale di Riflessione Infermieristica (CSRI)

[3]Ulpiano III sec. D.C.

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