Qualità

a cura di Ricardo Sperlinga[1]

 

La qualità è una proprietà che caratterizza una persona, un animale o qualsiasi altro essere, una cosa, un oggetto o una situazione, o un loro insieme organico, un’organizzazione, soprattutto in relazione a particolari aspetti e condizioni, attività, funzioni e utilizzazioni.

Se, in generale, la politica è l’arte di amministrare la cosa pubblica, allora la politica professionale è l’arte di amministrare e favorire lo sviluppo di una professione, quale quella infermieristica, che seppur nella sua giovinezza conta su numeri davvero importanti (440000 infermieri circa), anche se il numero di infermieri/1000 abitanti (media 6.5) è uno tra i più bassi d’Europa.

Ed è proprio il concetto di arte, applicato alla politica, che rimanda al concetto di qualità.

Ma su che cosa si basa il rapporto tra qualità e politica e la qualità della politica professionale?

La risposta non è semplice perché tale relazione, in qualsiasi ambito, assume un’accezione diversa a seconda di come essa viene definita. Due aspetti, però, sono imprescindibili.

Il primo. Se la politica è tesa a migliorare la qualità di una compagine professionale e a promuovere la qualità del lavoro di gruppi (società scientifiche, università, direzioni aziendali,………),  in costante relazione tra loro e con i sistemi all’esterno, tale impegno non è mai neutrale. Su ciò si fonda il prerequisito morale della qualità della politica: qualunque orientamento si prenda, fare politica professionale di qualità significa innanzitutto muoversi nei confini di un agire morale secondo “scienza e coscienza”, seguendo principi etici e di onestà, assumendo decisioni sulla base di valutazioni complesse, stabilendo priorità non individuali ma collettive, definendo la strategia migliore per perseguire il bene comune e per superare le difficoltà a entrare nella modificazione dei processi organizzativi e assistenziali.

Il secondo aspetto di qualità è correlato a chi fa o dovrebbe fare politica professionale.

È vero che ogni singolo professionista ha una tale responsabilità, proporzionata ovviamente al suo ruolo, ma al tempo stesso è altrettanto vero che egli ha la necessità di sentirsi sostenuto da una rete di enti istituzionali e soggetti facilitatori (ordini professionali, direttori e dirigenti assistenziali, professori universitari ecc..)  all’interno di un dialogo attivo e costruttivo.   Solo che assumersi responsabilità di politica professionale senza un’adeguata preparazione ed esperienza, condizioni che consentono di muoversi strategicamente in un contesto in cui l’orientamento prevalente è rivendicativo, deresponsabilizzante, disaggregante, rende l’azione politica asfittica, contingente, più tattica che strategica, spesso difensiva.

Quali possibili orientamenti per migliorare la qualità della politica?

In primo luogo irrobustire la competenza politica, attraverso una buona formazione dedicata; in secondo luogo far crescere una leadership più forte nel catalizzare interessi e obiettivi collettivi; in terzo luogo fare rete tra colleghi, promuovendo a tutti i livelli la qualità della professione attraverso, ad esempio, strategie di potenziamento della competenza nell’ambito clinico-assistenziale e della ricerca intesa anche come stile di lavoro che applica i risultati della ricerca stessa nei contesti di cura.

Tale potenziamento culturale è conditio sine qua non di una politica di qualità ma è un processo lento, ancorché duraturo, che richiede necessariamente di scuotere le coscienze a tutti i livelli: operativi, dirigenziali, politici interni e esterni alla professione.

[1] Riccardo Sperlinga  – Tutor pedagogico Corso di Laurea in Infermieristica Università Cattolica sede Cottolengo di Torino – Membro della Comunità Sperimentale di Riflessione Infermieristica (CSRI)